La Sabina e Roma

Colline dapprima dolci, cosparse di vigneti e uliveti, poi pian piano cime più aspre ed elevate delineano il paesaggio della Sabina, attraversata dalle vie Nomentana e Salaria. La prima, molto breve che raggiungeva la città di Nomentum, oggi Mentana, usciva dalla porta omonima, chiusa nel XVI secolo e si dirigeva verso il fiume Aniene ed attraverso il Monte Sacro. Resti dell’antico basolato si ritrovano oggi presso la Riserva Naturale Nomentum, in cui doveva sorgeva l’antica città. Mentana è invece nota per esser stata, il 3 novembre 1867, teatro di un importante capitolo della storia italiana: vi furono infatti sconfitte dall’esercito papalino le camicie rosse dirette a Roma sotto il comando di Garibaldi. Nell’Ara ossario sono custodite le spoglie dei volontari garibaldini caduti.
Il monumento sorge nel Parco del Museo Nazionale Garibaldino, fondato nel 1905 per custodire i cimeli della battaglia ed altre testimonianze legate all’epopea risorgimentale. Di origine più antica, la via Salaria deve il suo nome al commercio del sale che dalle foci del Tevere attraverso il Campo Boario giungeva fino all’Adriatico. La via lasciava le mura serviane attraverso porta Collina e quelle aureliane attraverso la porta omonima, da qui si dirigeva verso l’Aniene superando sul ponte Salario, Castel Giubileo dove doveva sorgere l’antica Crustumerium (insediamento esistente fin dall’XI-X secolo a.C., conquistato dai romani nel 499 a.C.).

La via proseguiva quindi fino a Cures, attuale Passo Corese, attraversava l’Appennino per dirigersi a Porto d’Ascoli. Una piccola deviazione consente di visitare Palombara Sabina e Monterotondo e godere del territorio della Sabina, in cui secolari oliveti danno forma al paesaggio e sono vanto della produzione agricola dell’area, il cui prodotto, l’olio d’oliva di cui Columella e Orazio già esaltavano le preziose qualità è assoluto protagonista. Ai piedi del monte Gennaro, Palombara Sabina è caratterizzata dalla forma a spirale del borgo che sale verso il castello fatto edificare dalla famiglia Savelli, feudataria dell’intera zona, precedentemente al 1064 e più volte ristrutturato. Tra i monumenti notevoli dei dintorni si segnala l’abbazia di San Giovanni in Argentella che sorge isolata nel verde. Anche Nerola, al pari di Palombara, è dominato dalla mole di un castello, che completamente restaurato è sede di convegni ed eventi. Costruito nel X secolo dai Crescenzi Stefaniani, signori di Palestrina, il Castello Orsini si contraddistingue per la sua pietra grigio-bianca che domina le case che si stringono intorno ai tortuosi vicoli.

Monterotondo è un borgo sorto intorno al Mille e presto conquistato dalle camicie rosse nel 1867, impresa di cui rimangono a testimonianza l’Ossario dei Caduti garibaldini, il Parco della Rimembranza e la lapide sulla Porta Garibaldi. Da visitare anche la rocca Orsini Barberini, il palazzo baronale e il duomo cinquecentesco. Roma è conosciuta in tutto il mondo come una città ricca di storia e monumenti. Ma non tutti sanno che, accanto alle stupende piazze e agli scorci famosi, la città ha un patrimonio verde altrettanto suggestivo e ricco di sorprese, come accade per poche altre capitali europee con aree protette, sottoposte oggi ad un rigoroso regime di salvaguardia ambientale, aziende agricole ed agrituristiche ad un passo dalla Città Eterna.

Via Sublacense e Tiburtina

La via Prenestina collegava già in epoca arcaica Roma a Praeneste, l’attuale Palestrina. La via usciva dalla porta Esquilina e superava le mura Aureliane da Porta Maggiore per attraversare, grossomodo come il tracciato moderno, l’ondulata campagna romana e le colline dei Monti Prenestini. La via Prenestina giungeva a Palestrina, la potente Praeneste, che ancora oggi conserva un fascino di arcaiche suggestioni, reso ancora più evidente dalla sua storia moderna. Per uno strano caso infatti, i bombardamenti che colpirono Palestrina durante la seconda guerra mondiale hanno restituito alla città il Santuario della Fortuna Primigenia, sepolto per buona parte dagli edifici che gli si con uno straordinario pulsare di iniziative volte a dare continuità alla memoria del passato, appropriandosi del tessuto antico per fare spazio al mondo contemporaneo. Di questo sono testimonianza i nuovi musei nati nelle sedi di famose dimore nobili, restituite alla cittadinanza.

Poco lontano sono i paesi di Cave erano sovrapposti nei secoli. In età preromana e romana fu uno dei luoghi di culto più venerati dalle popolazioni italiche: vi accorrevano da lontano per consultare le “sorti”, che venivano estratte da un bambino, come narra Cicerone, in un famoso passo del De Divinitate. Il complesso sacro si estendeva lungo le pendici del monte Ginestro, oggi occupate dall’agglomerato cittadino e culminava in tre terrazzamenti sovrapposti, sull’ultimo dei quali sorgeva un edificio di forma circolare, circondato da un emiciclo. Nel Medioevo il sito fu feudo dei Colonna; nel 1498 Francesco Colonna, cultore di esoterismo e alchimia, nonché amante dell’antichità, incaricò uno dei massimi architetti del Rinascimento, Donato Bramante, di erigere proprio all’interno dell’emiciclo un nuovo edificio noto oggi come palazzo Colonna Barberini. Nel palazzo ha sede il Museo Archeologico Nazionale, dove si ammirano, fra gli altri reperti, il meraviglioso mosaico raffigurante l’inondazione del Nilo, opera alessandrina del II secolo a.C. e lo straordinario gruppo scultoreo della Triade Capitolina. Poco più in alto Castel San Pietro Romano merita una visita anche solo per andare alla ricerca, fra i suoi vicoli, degli angoli che fecero da quinte sceniche ad uno dei più celebri film con Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida “Pane, amore e fantasia”. La ricchezza culturale nel territorio prenestino non è solo archeologica. Rivive nel presente con uno straordinario pulsare di iniziative volte a dare continuità alla memoria del passato, appropriandosi del tessuto antico per fare spazio al mondo contemporaneo. Di questo sono testimonianza i nuovi musei nati nelle sedi di famose dimore nobili, restituite alla cittadinanza. Poco lontano sono i paesi di Cave e Rocca di Cave, entrambi legati alle cave di tufo della zona e luoghi del fenomeno dell’incastellamento del X secolo. Rocca di Cave ne conserva ancora il castello, la cui mole esterna non lascia presagire che all’interno sia quasi completamente distrutto. Anche San Gregorio da Sassola, il cui nome deriva da San Gregorio Magno, è dominato dal Castello Brancaccio, del X secolo, che pur rimaneggiato ampiamente, ha mantenuto l’aspetto del maniero da favola con all’interno mirabili affreschi di Federico Zuccari. Strette viuzze e caratteristiche case fanno apparire sospeso nel tempo il borgo medievale, mentre all’interno del Borgo Pio, è possibile visitare la cinquecentesca chiesa della Madonna della Cavata e quella di San Sebastiano del secolo precedente. Si debbono invece ai Colonna i principali edifici della città di Genazzano, a cominciare dall’immenso castello.

Il primo nucleo dell’edificio risale all’XI secolo, quando fu costruito come fortilizio medievale, ma l’aspetto attuale è frutto degli interventi del ‘400 e ‘500 dovuti a papa Martino V Colonna e a Marcantonio Colonna, che lo trasformarono in elegante dimora signorile. All’interno affreschi rinascimentali esaltano la famiglia Colonna e le sue origini: in una bella cappella si trovano affreschi del Seicento della scuola di Cavalier d’Arpino. Non lontano dal castello si trovano i resti di un ninfeo, utilizzato per rappresentazioni teatrali e feste che il Bramante realizzò tra il 1501 ed il 1503 sul modello di un ninfeo antico, tanto che per molto tempo fu ritenuto romano. Gli immensi spazi di questo bellissimo edificio, acquistato nel 1979 dal Comune, sono divenuti sede del Polo Museale Internazionale d’Arte Contemporanea, che ha iniziato la sua attività espositiva nelle oltre venti sale, per ben 3000 mq di esposizione. L’odierna Subiaco è nota per la villa di Nerone, costituita da più padiglioni intorno a tre laghi artificiali e per i suoi monasteri. Nel V secolo infatti, il giovane Benedetto, inorridito dalle lotte intestine della chiesa di Roma, si ritirò giovanissimo tra le montagne sublacensi, e qui visse in completa solitudine in una grotta. Dopo aver iniziato la sua predicazione rivolta ai pastori della zona, fondò ben tredici monasteri basati sulla regola benedettina “ora et labora”. Oggi i Monasteri di Santa Scolastica ed il Sacro Speco restano testimoni grandiosi della spiritualità del territorio sublacense, immersi in una natura ancora selvaggia.

Alla scoperta del lago di bracciano

Il territorio attraversato dalla via Clodia, oggi Claudia Braccianese, è un ambiente inatteso in cui unica protagonista è una natura rigogliosa ed un paesaggio suggestivo e quieto che invita ad atmosfere rilassanti. La via fu costruita da un non meglio specificato membro della gens Clodia, con lo scopo di collegare Roma all’area lacuale prima ed ai paesi etruschi dell’area grossetana, come Vetulonia poi. La via non aveva inizio da Roma ma si staccava dalla Cassia, all’altezza de La Storta per poi dirigersi verso il lago di Bracciano, che i Romani chiamavano Sabatinus. Esteso per più di 50 chilometri quadrati all’interno del perimetro di una conca vulcanica, il lago ha delle acque ancora oggi purissime, sfruttate dall’imperatore Traiano per approvvigionare alcune zone di Roma, tra cui la riva destra del Tevere (Trastevere). L’acquedotto fu poi riattivato all’inizio del 1600 per volere del papa Paolo V, che diede il suo nome alla restaurata conduttura. Circumnavigandolo è possibile visitare i tre paesi che graziosamente si affacciano sulle sue sponde. Bracciano, la cittadina più grande, fu la fortezza dei prefetti di Vico e intorno alla metà del ‘400 feudo degli Orsini.

La vita della cittadina gravita intorno alla piazza principale abbellita dalla fontana del Vignola e custodisce la mole del Castello Orsini Odescalchi, superbo esempio di architettura militare e dimora edilizia degli Orsini, al cui interno si conservano le antiche stanze con affreschi di ogni epoca, busti dei potenti signori del castello, oltre ad una raccolta d’armi e finimenti.
Facendo il giro del lungo cammino di ronda, che raccorda le cinque torri cilindriche dal castello, si potrà avere uno splendido colpo d’occhio sul panorama del lago, i monti Sabini ed il Soratte e sulle cittadine di Trevignano e Anguillara Sabazia. Quest’ultima si affaccia, come un grazioso borgo sul lago, con le piccole case che sembrano rincorrersi per raggiungere la parte più elevata. Per gli appassionati il Museo Storico dell’Aeronautica Militare sorge fuori dal paese, in località Vigna di Valle, dove agli inizi del ‘900 era nato uno dei primi aeroporti italiani ed ebbe sede, fino alla seconda guerra mondiale, una stazione per idrovolanti. Trevignano Romano, sorta nel Medioevo, forse sul luogo della cittadina etrusca di Sabatia, conserva un Antiquarium che custodisce i reperti provenienti dalle tombe etrusche scoperte in località Olivetello. Al borgo medievale si accede dalla porta posta a fianco della Torre dell’Orologio, mentre all’interno si staglia la mole della bella chiesetta cinquecentesca dell’Assunta e la chiesa di Santa Caterina, sorta sui resti di un edificio romano, del quale rimangono alcune arcate. Il percorso della via Claudia Braccianese, devia verso ovest in direzione di Manziana sul monte Calvario. Sorto, nel 1500, come centro rurale per accogliere contadini e boscaioli toscani e umbri, il borgo deve la sua notorietà al Monumento Naturale della Caldara di Manziana, che al visitatore sembrerà del tutto simile ad uno scenario dantesco. Il monumento naturale sorge, infatti, su una depressione del vulcano Sabatino, che, a ricordo della sua attività, sprigiona una notevole quantità di anidride carbonica che, risalendo dalle profondità, fa ribollire acqua e fango alla temperatura di 27 °C dando luogo a piccoli geyser.

Poco distante la Riserva Regionale Monterano tutela, con i suoi 1100 ettari di estensione, uno splendido paradiso naturale, testimonianze archeologiche della civiltà etrusca e soprattutto, i ruderi della città abbandonata di Monterano. La città cominciò a spopolarsi sullo scorcio del XVIII secolo a causa della malaria e fu definitivamente abbandonata a favore della moderna cittadina di Canale Monterano, a seguito delle devastazioni operate dalle truppe francesi del 1799. Il borgo si compone dei resti scenografici di un castello, di una chiesa e di uno straordinario acquedotto ad arcate; il tutto è poi avvolto dall’abbraccio verde dell’edera, del caprifoglio e delle chiome sempreverdi dei lecci: la più bella città morta del Lazio e, forse, d’Italia. Il tracciato della via entra quindi nell’area più selvaggia ed affascinante: i monti della Tolfa, massiccio collinare che non supera i 630 metri di altitudine, coperto da una vegetazione diversificata e tipica della Maremma, con boschi di rovere e cerri e pascoli di bovini di razza maremmana.

I Castelli Romani

Nel 312 a.C. il censore Appio Claudio decise di costruire una strada militare per collegare Roma a Capua, Benevento, Venosa e Brindisi, colonia romana dal 244 a.C. La sua importanza, legata al collegamento con l’Italia meridionale, la fece definire dai romani la regina longarum viarum. La via usciva da porta San Sebastiano e proseguiva verso i Colli Albani, circondata dapprima da mausolei e sepolcri d’epoca classica e successivamente da ville residenziali, dimore rustiche, catacombe cristiane. Il tracciato dell’Appia antica, nonostante la speculazione edilizia, il saccheggio del territorio perpetrato per troppi anni ed un traffico odierno incessante, è oggi tutelato da un parco naturale, che consente di godere di tutto il suo fascino antico. Il territorio dei Castelli Romani coincide con l’area un tempo abitata dai Latini: l’ubicazione della mitica Alba Longa pare vada collocata tra Albano Laziale e Castel Gandolfo. Durante l’impero romano divenne invece luogo di villeggiatura per i romani più benestanti; il dolce clima, l’abbondanza di acqua e la facilità nel raggiungerli li resero una delle mete preferite, anche successivamente, quando i nobili romani vi costruirono dimore e castelli, trasformate in seguito in ville e palazzi visitabili ancora oggi. Castel Gandolfo, oggi nota come residenza estiva del Papa, dovette ospitare la villa dell’imperatore Domiziano (81-96 d.C.) di cui si conserva il grandioso ninfeo noto come Bagni di Diana, all’interno dei giardini dei Palazzi Papali. E’ proprio nel complesso pontificio che il celebre architetto Gian Lorenzo Bernini ha lasciato un’inconfondibile impronta, completando il Palazzo dei Papi, progettato da Carlo Maderno nel 1623. Inoltre vi realizzò la piazza delle Libertà e la chiesa di San Tommaso da Villanova. Sul lato opposto del lago, Marino fu possedimento dei Colonna (che vi eressero il proprio palazzo e la basilica di S. Barnaba). La cittadina è oggi conosciuta per il suo legame con il vino, celebrato da una rinomata sagra e dal celebre stornello “na gita a li Castelli”. Poco lontano, nella moderna area urbana di Albano Laziale sono visibili alcune interessanti testimonianze archeologiche, fra le quali quelle relative agli accampamenti militari fatti costruire in età imperiale da Settimio Severo, i Castra Albana. Degni di nota anche il Mausoleo degli Orazi e Curiazi ed il Cisternone, serbatoio idrico del II secolo d.C., ancora funzionante. Il nome del Bernini è strettamente connesso con la piazza di accesso di Ariccia, che era in origine raggiungibile solo attraverso le strette vie che si insinuano a sud, entro l’abitato medievale. Era infatti in origine la “corte” o cortile interno di Palazzo Chigi, quasi una fortezza sospesa nel verde. Il grandioso edificio affacciato sull’ampio spiazzo è fronteggiato dalla Chiesa di Santa Maria dell’Assunta, che con la sua pianta centrale e la cupola leggermente schiacciata evoca la struttura del Pantheon. Da Ariccia la via Appia porta a che ogni anno, nel mese di giugno, in occasione della celebrazione del Corpus Domini, ospita la famosissima festa dell’Infiorata. Sulla strada viene disteso un immenso tappeto, realizzato usando come colori i petali di migliaia di fiori ed essenze vegetali, che “dipingono” vari soggetti, prevalentemente sacri. Il vicino lago di Nemi esercita un vero richiamo archeologico. Alla fine degli anni ’20, furono ritrovati nelle sue acque, resti pressoché intatti di alcune navi di epoca romana, costruite dall’imperatore Caligola con probabile funzione cerimoniale. Purtroppo gli eventi successivi, un incendio e soprattutto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, distrussero quasi completamente quello che le acque del lago sacro a Diana avevano conservato per duemila anni. Oggi il Museo delle Navi dell’omonima cittadina espone i resti di quei ritrovamenti archeologici oltre a interessanti modellini ricostruttivi. Cittadina di origine preromana, posta in posizione panoramica verso il mare, alle pendici dei Colli Albani, Lanuvio fu sede in età romana di un celebre santuario dedicato a Giunone Lanuvina, i cui resti sono tuttora visibili sul colle di San Lorenzo. Distrutto dall’abitato romano nel 380 d.C., la città fu rifondata dai monaci benedettini con il nome di Civitas Lanovina. La cittadina custodisce ancora un tratto delle antiche mura di cinta, di scura pietra lavica, dominate dalla rocca trecentesca. Testimonianze del Medioevo si colgono anche nel santuario della Madonna delle Grazie. Completamente ricostruita nel Seicento, appare invece la Collegiata Maggiore, edificata nel 1240, le cui sculture seicentesche sono custodite nella sezione medievale del Museo Civico. Proseguendo sul tracciato dell’Appia si giunge a Velletri, il centro più importante dei Colli Albani, che deve la sua notorietà soprattutto all’eccellente produzione vinicola. La città, pur avendo origini romane, deve la sua attuale struttura al periodo comunale, cui risale la caratteristica Torre del Trivio. L’imponente Palazzo del Comune è opera di Giacomo della Porta ed è stato ricostruito in seguito ai bombardamenti dell’ultima guerra secondo l’originario disegno del Vignola.