Via Sublacense e Tiburtina

La via Prenestina collegava già in epoca arcaica Roma a Praeneste, l’attuale Palestrina. La via usciva dalla porta Esquilina e superava le mura Aureliane da Porta Maggiore per attraversare, grossomodo come il tracciato moderno, l’ondulata campagna romana e le colline dei Monti Prenestini. La via Prenestina giungeva a Palestrina, la potente Praeneste, che ancora oggi conserva un fascino di arcaiche suggestioni, reso ancora più evidente dalla sua storia moderna. Per uno strano caso infatti, i bombardamenti che colpirono Palestrina durante la seconda guerra mondiale hanno restituito alla città il Santuario della Fortuna Primigenia, sepolto per buona parte dagli edifici che gli si con uno straordinario pulsare di iniziative volte a dare continuità alla memoria del passato, appropriandosi del tessuto antico per fare spazio al mondo contemporaneo. Di questo sono testimonianza i nuovi musei nati nelle sedi di famose dimore nobili, restituite alla cittadinanza.

Poco lontano sono i paesi di Cave erano sovrapposti nei secoli. In età preromana e romana fu uno dei luoghi di culto più venerati dalle popolazioni italiche: vi accorrevano da lontano per consultare le “sorti”, che venivano estratte da un bambino, come narra Cicerone, in un famoso passo del De Divinitate. Il complesso sacro si estendeva lungo le pendici del monte Ginestro, oggi occupate dall’agglomerato cittadino e culminava in tre terrazzamenti sovrapposti, sull’ultimo dei quali sorgeva un edificio di forma circolare, circondato da un emiciclo. Nel Medioevo il sito fu feudo dei Colonna; nel 1498 Francesco Colonna, cultore di esoterismo e alchimia, nonché amante dell’antichità, incaricò uno dei massimi architetti del Rinascimento, Donato Bramante, di erigere proprio all’interno dell’emiciclo un nuovo edificio noto oggi come palazzo Colonna Barberini. Nel palazzo ha sede il Museo Archeologico Nazionale, dove si ammirano, fra gli altri reperti, il meraviglioso mosaico raffigurante l’inondazione del Nilo, opera alessandrina del II secolo a.C. e lo straordinario gruppo scultoreo della Triade Capitolina. Poco più in alto Castel San Pietro Romano merita una visita anche solo per andare alla ricerca, fra i suoi vicoli, degli angoli che fecero da quinte sceniche ad uno dei più celebri film con Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida “Pane, amore e fantasia”. La ricchezza culturale nel territorio prenestino non è solo archeologica. Rivive nel presente con uno straordinario pulsare di iniziative volte a dare continuità alla memoria del passato, appropriandosi del tessuto antico per fare spazio al mondo contemporaneo. Di questo sono testimonianza i nuovi musei nati nelle sedi di famose dimore nobili, restituite alla cittadinanza. Poco lontano sono i paesi di Cave e Rocca di Cave, entrambi legati alle cave di tufo della zona e luoghi del fenomeno dell’incastellamento del X secolo. Rocca di Cave ne conserva ancora il castello, la cui mole esterna non lascia presagire che all’interno sia quasi completamente distrutto. Anche San Gregorio da Sassola, il cui nome deriva da San Gregorio Magno, è dominato dal Castello Brancaccio, del X secolo, che pur rimaneggiato ampiamente, ha mantenuto l’aspetto del maniero da favola con all’interno mirabili affreschi di Federico Zuccari. Strette viuzze e caratteristiche case fanno apparire sospeso nel tempo il borgo medievale, mentre all’interno del Borgo Pio, è possibile visitare la cinquecentesca chiesa della Madonna della Cavata e quella di San Sebastiano del secolo precedente. Si debbono invece ai Colonna i principali edifici della città di Genazzano, a cominciare dall’immenso castello.

Il primo nucleo dell’edificio risale all’XI secolo, quando fu costruito come fortilizio medievale, ma l’aspetto attuale è frutto degli interventi del ‘400 e ‘500 dovuti a papa Martino V Colonna e a Marcantonio Colonna, che lo trasformarono in elegante dimora signorile. All’interno affreschi rinascimentali esaltano la famiglia Colonna e le sue origini: in una bella cappella si trovano affreschi del Seicento della scuola di Cavalier d’Arpino. Non lontano dal castello si trovano i resti di un ninfeo, utilizzato per rappresentazioni teatrali e feste che il Bramante realizzò tra il 1501 ed il 1503 sul modello di un ninfeo antico, tanto che per molto tempo fu ritenuto romano. Gli immensi spazi di questo bellissimo edificio, acquistato nel 1979 dal Comune, sono divenuti sede del Polo Museale Internazionale d’Arte Contemporanea, che ha iniziato la sua attività espositiva nelle oltre venti sale, per ben 3000 mq di esposizione. L’odierna Subiaco è nota per la villa di Nerone, costituita da più padiglioni intorno a tre laghi artificiali e per i suoi monasteri. Nel V secolo infatti, il giovane Benedetto, inorridito dalle lotte intestine della chiesa di Roma, si ritirò giovanissimo tra le montagne sublacensi, e qui visse in completa solitudine in una grotta. Dopo aver iniziato la sua predicazione rivolta ai pastori della zona, fondò ben tredici monasteri basati sulla regola benedettina “ora et labora”. Oggi i Monasteri di Santa Scolastica ed il Sacro Speco restano testimoni grandiosi della spiritualità del territorio sublacense, immersi in una natura ancora selvaggia.